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IL FIORE DELLE MILLE E UNA NOTTE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 6 novembre 1974
 
di Pier Paolo Pasolini, con Franco Citti, Ninetto Davoli, Ines Pellegrini, Christian Alegny, Margareth Clementi (Italia, 1974)
 

Se cercate al cinema l'illustrazione sapiente di un momento storico, di una determinata civiltà (in genere medioevale), uno sfondo di splendida architettura yemenita o nepalese, di costumi etiopi, correte a vedere i film di Pasolini e, in particolare modo, questo che conclude la trilogia iniziata con il IL DECAMERONE, proseguita con i RACCONTI DI CANTERBURY e che é anche il migliore dei tre.


Certo allo scrittore -regista italiano non interessa soprattutto fare l'etnologo: ed è proprio il fatto che è in questa direzione che sembrano spingersi gli interessi dello spettatore uno degli equivoci, e forse dei limiti che stanno alla base del cinema pasoliniano. Nell'Italia del Boccaccio, l'Inghilterra di Chaucer, ed ora in quel mondo affascinante che contiene i racconti delle Mille e una Notte, l'autore ha cercato evidentemente un terreno vergine. Un mondo, un popolo disinibito, non marcato da alcun peccato originale, dai tabù che invece ci condizionano in modo ormai definitivo.


Su queste tele immacolate, e che Pasolini nobilita e purifica ancora maggiormente con la propria arte decorativa indubbia, con la cultura, l'intelligenza ed il gusto con il quale inquadra le vicende, egli inscrive i suoi problemi di sempre, i suoi personaggi di sempre. Che, non a caso, rimandano sempre l'eco (sonoro ed estetico) delle figure delle borgate romane, dei Citti e dei Davoli che egli mescola ai personaggi di Chaucer o alle popolazioni orientali, tentando così un aggancio fra quei momenti e la problematica contemporanea.


Cinema di liberalizzazione, ovviamente sessuale innanzitutto, attraverso una ricreazione purificatrice culturale ed estetica.


Sarebbe ingiusto qualificare le opere di Pasolini come compiacimenti illustrativi di un uomo di sicura cultura e di indubbia capacità di composizione formale. Perché nei suoi momenti migliori (ed in questo film ci sono) il miraggio pasoliniano s'intravvede: quel mondo sublime e perfetto di rapporti umani, incontaminati dal peccato, dall'ignoranza, dall'ipocrisia. Quel momento di poesia liberatrice. Spesso, pero', l'aneddoto non passa. Quel contatto che lievita le immagini dei grandi registi del cinema oltre l'evidenza dell'episodio descritto, non arriva ad instaurarsi fra Pasolini e gli spettatori. Tra di loro, a dividerli, stanno delle immagini di grande immaginazione letteraria e di grande (ma cinematografica?) bellezza.


   Il film in Internet (Google)

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